“Chissà cosa vuol dire debolezza
Forza, nella gente, spina dorsale.
Chissà che cosa sanno quanti sanno
Ciò che vogliono, che spingono avanti la certezza
di essere, come fossero da sempre
uomini, e per sempre”
Non so se questa storia è comune a molti, oppure a pochi. Di certo è universale. La storia di “come si impara o non si impara a crescere” Una poesia che tende al racconto che somiglia al cinema, un romanzo scritto in versi, diretto, tagliato e montato come un film. Una ragazza che deve adattarsi e una città che le darà una lezione. E imparerà, imparerà, Carla Dondi, diciassette anni, figlia di una pantofolaia, imparerà a prendere una boccata d’aria senza affogare, come una milanese qualsiasi, a salutare a testa alta, indossare le calze nere, chiedere scusa quando si è stati umiliati, sorridere con gli occhi, trattare con i ragni che allungano le mani, tenersi il lavoro. Imparerà, Carla, la necessità. E smetterà di cercarsi il viso con le mani, la notte, per ricordare a se stessa che esiste. Imparerà. Noi che la seguiamo mentre si affretta per andare al lavoro non potremo impedirlo. Imparerà e smetterà di sentirsi smarrita, scontrosa, sensibile e impreparata. Perché sulla terra alla vita non c’è scampo.
La ragazza Carla, Elio Pagliarani, 1962
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