“Non è vero che l’amore sia una questione di sentimenti, esso non è che una questione di nervi, di fluidi, di armonie animali: l’identità dei caratteri, la stima lo fortificano, non lo creano. Noi siamo spesso ingannati da queste cause apparenti, perché l’identità del carattere non è che un effetto dell’identità della costituzione”
No, non si tratta, come è stato detto, di una donna che lotta per conquistare il suo diritto all’amore. Fosca è un anelito alla tomba, come direbbe Yeats, come “La ruota” insegna, come alla fine scopriamo tutti, noi che invochiamo la primavera e poi l’estate e ci crucciamo che non sia ancora tornato l’inverno, mentre le siepi stracolme risuonano. Fosca è un anelito di morte, che turba il sangue e sconvolge la mente di un uomo fino a regalargli una passione che ha le fattezze di un terrore indimenticabile. Un uomo, nato con passioni eccezionali, che entra nel regno della disperanza passando attraverso il cuore di Fosca, una donna orrenda nel volto, spaventosa e inconoscibile nell’animo. ” Più che l’analisi d’un affetto, più che il racconto di una passione d’amore, io faccio forse qui la diagnosi di una malattia” scrive nelle sue memorie questo amante, terrorizzato dal misterioso oggetto del suo amore. Un amore che estorce bugie pietose, che moltiplica gli incubi, che annienta la volontà. Un amplesso lungo e penoso come una veglia funebre. Un sortilegio che muove alla compassione e lascia, alla fine, disgustati dalla felicità.
“una mano sulla mia bocca e mi disse: — Non schermirti; io so bene che noi non possiamo amarci come gli altri uomini. Un giorno, un’ora, un istante, e poi…
— E poi?…
— Si muore.”
Una storia d’amore dello scapigliato Iginio Ugo Tarchetti.
“Fosca”, Ugo Igino Tarchetti, 1869
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